Riflessioni: e … il New Localism di Stefano Bartolini?

Stefano Bonilli sul suo blog“paperogiallo.net” ironizza con grande acutezza su una situazione che a livello globale sembra quasi distaccarsi dalla…

Stefano Bonilli sul suo blog“paperogiallo.net” ironizza con grande acutezza su una situazione che a livello globale sembra quasi distaccarsi dalla realtà, prendere vie diverse da quelle che invece dovrebbero segnare il percorso verso l’alta cucina; e sulla stessa lunghezza d’onda si imposta il new localism di Stefano Bartolini.

Da un lato la critica anglosassone sembra la sola in grado di fregiarsi di legittimità, dall’altro i grandi chef sono più uomini di spettacolo che altro. Ancora … il desiderio di stupire prende il sopravvento sulla ricerca, i protagonisti sono gli uomini e le loro sfilate, non i loro piatti.

New localism di Stefano Bartolini: Merluzzo Burro e Salvia

Andrea, ma se il New Localism non è altro che Cucina di Territorio, come è possibile allora “fare territorio” senza restare per forza con i piedi piantati a terra?

«Vedi Giorgia, penso che stia proprio qui l’errore. Io non credo che sia necessario stupire, ma, e passami il termine, emozionare. Per noi “fare territorio” può passare attraverso diverse strade, ma non quella degli effetti speciali!

Qui a La Buca, ma anche nelle Osterie del Gran Fritto e alla Terrazza Bartolini, portiamo in tavola piatti che evocano delle consuetudini fortemente radicate nella nostra terra.

Parlo per esempio del “Burro e Salvia” inserito nel piatto di Merluzzo Bianco: il profumo di questo piatto fa tornare indietro nel tempo e, come in un dèja vu, compare il ricordo ed il profumo avvolgente delle preparazioni classiche delle cucine casalinghe! 

New localism di Stefano Bartolini: Spaghetti e Poverazze

Poi ci sono preparazioni che, secondo noi, non vanno toccate, perchè già perfezionate nella loro essenzialità: ecco allora che quando il mercato ci offre le olèzne (piccole seppioline dal sapore molto forte che vanno mangiate “sporche”) le prepariamo con i tagliolini, esattamente come le faceva il mio nonno Marcello.

E … qui si va davvero indietro nel tempo!

Ammetto che forse, con questo piatto, parliamo praticamente di tradizione!

New localism di Stefano Bartolini: Polpo e Champignon

Torniamo seri! Infine ci sono ricette che sì ci arrivano dalla tradizione, ma che devono essere realizzate mettendo in gioco tutte le nostre competenze per raggiungere il massimo. E dicendo ciò penso al nostro Polpo, champignon e prezzemolo, che entrerà nella carta de La Buca dal primo febbraio, quando riapriremo dopo le ferie.

Piatto “pulito”, di una semplicità disarmante.

Il pesce nella sua essenzialità.

Il polpo viene cotto a bassa temperatura poi velocemente scottato sulla plancia. Devi sentire cosa diventa! Le ventose rimangono “al loro posto”, quasi a “movimentare” la burrosità delle sue carni.

Poi gli champignon: noi li lasciamo interi, li mariniamo e li cuociamo anche loro sulla plancia: fuori croccanti e dentro ancora quasi crudi.

Da ultimo il prezzemolo, esattamente come si faceva quando ero piccolo, ma qui in emulsione.

New localism di Stefano Bartolini: Seppia con i Piselli

Potrei parlarti poi degli Spaghetti e Poverazze, delle Seppie con i Piselli

Capisci ora cosa è per noi la nuova Cucina di Territorio?»

Quindi Andrea … sulle tavole di Stefano Bartolini continueremo a veder sfilare piatti che ….

«… piatti che devono lasciare un segno sì per il sapore indimenticabile e per gli ingredienti fantastici, ma anche per il fatto che comunicano cultura gastronomica, raccontano la storia del nostro mare, di un mestiere, di un gusto unico relazionato alla terra. Nel nostro lavoro cerchiamo di trovare l’equilibrio fra entusiasmo e spirito conservatore.

 Sulle tavole di Stefano Bartolini non troverete mai piatti che si sono fatti abbindolare dalle mode.

Per noi è questa la confluenza della tradizione nel contemporaneo.

Per noi è questa la Cucina di Territorio».

Perchè non New Localism?

«E’ meglio restare in Italia!! … che come dice Bonilli … è un territorio benedetto da Dio!». 

Giorgia Lagosti