Olindo Guerrini, alias Lorenzo Stecchetti, un grande della Romagna

Olindo Guerrini usò una miriade di pseudonimi e inventò molteplici maschere per firmare molte delle sue composizioni. Il più noto è senza dubbio Lorenzo Stecchetti, firmatario di Postuma.

Olindo Guerrini, meglio conosciuto come Lorenzo Stecchetti (1845-1916), fu uno dei più grandi poeti romagnoli.

Forlivese di nascita, visse i primi anni della sua vita a Sant’Alberto, dove il padre era farmacista e iniziò a studiare a Ravenna, dai religiosi del collegio municipale ma, ben presto fu espulso per indisciplina. Trasferitosi al Collegio Nazionale di Torino, anche se a stento, ottenne la licenza. Infine si iscrisse a Giurisprudenza all’Università di Bologna, si laureò, entrò in uno studio di avvocati ma in poco tempo capì che la pratica forense non faceva per lui. Non aveva ancora ben chiaro cosa avrebbe voluto “fare da grande” ma … era certo che a Bologna avrebbe trascorso quasi tutto il resto della sua vita. E così fu.

Lorenzo Stecchetti - postscriptum

Erudito e critico letterario militante, agile ed attento ad ogni nuova voce, Guerrini amava fotografare e andare in bicicletta per tutta Italia. E gli si addicevano anche le lotte politiche locali tanto che nel 1872 fu iniziato alla massoneria nella Loggia Dante Alighieri di Ravenna e dopo qualche anno diventò Maestro Massone in quella “Otto Agosto” di Bologna.

Nel 1877 pubblicò la sua prima raccolta di poesie, “Postuma” (guadagnandosi l’appellativo di “Baudelaire romagnolo”), nella cui prefazione asseriva che quelli a seguire erano versi di un cugino, Lorenzo Stecchetti, morto per tisi all’età di 30 anni. Il volumetto suscitò scandalo per gli insinuanti toni erotici e gli spunti blasfemi alternati a elementi comici e satirici. Ma la finzione ebbe vita breve: ben presto si scoprì che l’autore era in realtà il Guerrini stesso.

Venne giudicato come atto di audacia, sia per la spinta innovatrice in deroga all’osservanza delle tradizionali regole metriche, sia per l’ostentata adesione al verismo iniinteso come rifiuto di idealizzazione della realtà e rappresentazione dei suoi aspetti più bassi e sgradevoli. In realtà traspare l’ispirazione a spunti e motivi provenienti dai romantici francesi, che Guerrini ben conosceva, pur rimanendo abbastanza lontano dalla sofferta condizione spirituale dei suoi “modelli”.

Olindo Guerrini

Poi … fu amico e ammiratore del Carducci e del suo pensiero.

Certamente però, la grande risonanza che la sua opera ebbe ai tempi, fu provocata dalla polemica contro romantici e idealisti e per gli atteggiamenti contro la chiesa e socialisteggianti: nel 1898 gli fu addirittura intentata una causa per diffamazione dall’allora vescovo di Faenza, monsignor Giovacchino Cantagalli, poiché il 25 settembre di quell’anno era apparsa sul periodico locale Il Lamone (a indirizzo radicale) un sonetto (“Parla il pastore”) irriverente verso il vescovo. Il sonetto era firmato “Argia Sbolenfi”, uno degli pseudonimi di Guerrini. Dopo una condanna in primo grado che comportò una multa di 250 lire, Guerrini ricorse in appello e fu assolto.

Mazziniano fervente (da buon ravennate!), fu un anticlericale convinto ma esternava il suo pensiero sempre in modo bonario, al punto che persino Papa Pio X sembrò molto divertito quando, tirato in ballo grazie anche alla traduzione in romagnolo de vocabolo decimo, cioè “disum, che oltre a decimo traduce anche sciocco e stupido, Olindo Guerrini parlò di lui.

 

Pio disum, quand ch’us elza la matena,
Us magna du panett cun e’ furmai
E’ to la su acquavita, e’ to un vintai,
E’ va in zarden fumend la caratena,
Us mett a l’ombra senza papalena
E un pezz e’ lezz l’Avanti d’ sparaguai
Un pezz us god a corrar dri al parpai
E dal volt a sunè la garavlena,
Us botta in t’ la spagnera a cul buson,
E’ stend al gamb, e’ sptona la butega
E pu e’ dorum pinsend a la clazion.
Mè, sgond a mè, a direbb che ló us n’infrega,
Mo sgond a sti giurnel d’i mi coion
«Per ora il Papa osserva, pensa e prega».
Traduzione
Pio Decimo, quando si alza alla mattina
Mangia due panini con il formaggio
Prende la sua grappa, prende un ventaglio
Va in giardino fumando la sua pipa
Si mette all’ombra senza la papalina
E un poco legge l’Avanti di nascosto
Un poco si diverte a correre dietro alle farfalle
E delle volte a suonare lo scacciapensieri
Si butta sull’erba supino
Stende le gambe, si sbottona la patta dei calzoni
E poi dorme, pensando alla colazione.
Io, per me, direi che lui se ne frega,
Ma secondo questi giornali dei miei “coglioni”
“Per ora il Papa osserva, pensa e prega”.