Il Jazz nella Cesenatico della Dolce Vita

Nella Cesenatico della Dolce Vita, ci fu un locale che si distinse, che fu battezzato il “tempio del jazz”. Questo era il “Peccato Veniale” di Giorgio Ghezzi.

Cantanti, cabarettisti, musicisti: dal ’60 al ’75, nella Cesenatico della Dolce Vita passarono quasi tutti i più altisonanti nomi dello spettacolo e della musica. Estate dopo estate, le serate canore a “La Nuit” o alla “Caravella” furono annoverate fra gli appuntamenti più pubblicizzati. Finirono sulle pagine dei giornali immagini memorabili di Mina, Mia Martini, Patty Pravo, Maria Monti, Pino Donaggio, Umberto Bindi, Dori Ghezzi, Rocky Roberts e dei Dik Dik. E poi twist a gogò e shake a volontà.

Fra tutti gli innumerevoli locali in voga però ce ne fu uno che si distinse: il “Peccato Veniale” di Giorgio Ghezzi fu battezzato come “il tempio del jazz”. E, come è facile immaginare, i maggiori musicisti del settore erano di casa nell’hotel dello stesso proprietario: l’Internazionale.

Ora una piccola digressione: Ghezzi, dopo la fine della sua carriera calcistica come portiere dell’Inter prima e del Milan poi, si trasferì in pianta stabile a Cesenatico e qui si dedicò a tempo pieno alla sua “seconda vita”, quella di albergatore e oste. Era cominciato qualche anno prima il progetto, quando di stagione in stagione, con i guadagni provenienti dal calcio aveva alzato di un piano il suo albergo. Arrivato all’altezza desiderata si ritirò ed inaugurò l’Internazionale. E dopo qualche anno arrivò anche il “Peccato Veniale”, un night che lui stesso promuoveva in un modo a dir poco estroso: infilava facsimili di multe sotto i parabrezza delle auto e invitava tutti a conciliare nel suo locale assistendo a questa o a quella jam-session.

Giorgio Ghezzi - Archivio Campoli

E fu così che riuscì a portare il jazz sull’Adriatico, in quel tratto di costa saldamente presidiato dai juke-box dove si gettonava in continuazione “Lisa dagli occhi blu”. Lo fece con una iniziativa alquanto ardita: a mezzanotte il “numero” del night non era uno strip ma una mezz’ora di jazz puro, pianoforte, batteria, spesso contrabbasso e sax.

Nel suo locale, Ghezzi riusciva a far stare seduti per terra, in silenzio, e di sabato sera, i fanatici dello shake e del lento al buio. Ogni weekend si vedevano diciottenni attorno ai jazzisti, fermi, immobili e, se qualcuno bisbigliava, era certamente un quarantenne e veniva prontamente zittito.

Al “Peccato Veniale” c’era sempre un grande pubblico ad ascoltare Gil Cuppini e i suoi favolosi logaritmi alla batteria, Gianni Basso che si dimenava come un serpente a sonagli con il suo sax , Romano Mussolini curvo e irruento sulla tastiera. E poi Paolo Salonia, Franco Tonati, Loffredo e Sellani. E al loro pubblico non bastava solo una visione perchè aveva capito che, nel jazz come nella commedia dell’arte, ogni volta si improvvisava!

Proprio grazie a Giorgio Ghezzi, in quegli anni, a Cesenatico gli italiani in vacanza impararono la corretta pronuncia della parola jazz: non dicevano più gèzz ma giàss, proprio come i neri di New Orleans che lo avevano inventato e che a ottant’anni suonavano ancora la batteria!