Dalla cucina di bordo … il Brodetto

Che i marinai fossero ottimi cuochi (Marcello Bartolini ne fu un esempio) … si sa: frutto di esperienze antiche e…

Che i marinai fossero ottimi cuochi (Marcello Bartolini ne fu un esempio) … si sa: frutto di esperienze antiche e di tradizioni radicate, la gastronomia di mare nasce da loro, dalla necessità unita ad una grande passione, dall’abilità che questi uomini mettevano nella preparazione dei loro “ranci” utilizzando quello che non avrebbero potuto vendere ai mercati.

E ancora oggi, grandi intenditori di pesce e gelosi custodi dei segreti della sua lavorazione, i marinai fanno scuola.

A bordo di ogni imbarcazione, sotto coperta, si sistemava il “fogone” (fugàon), una specie di cassone di legna rivestito di latta e pieno di sabbia, sul quale veniva disposta la legna. Sulle braci un piccolo caldaio in rame stagnato.

In barca la cucina era semplice ed essenziale, i tempi erano dettati dai ritmi del lavoro.

Il Pescato per il Brodetto

 

Tante sono le preparazioni che nascono qui, ma il piatto a cui sembrano più affezionati i marinai è certamente il Brodetto: per secoli principale elemento, se non l’unico, del pasto dei pescatori, racchiude i ricordi di un modo di vivere quasi scomparso e conserva il sapore dei prodotti del Mare Nostrum.

E’ il piatto che da un lato identifica, si fa simbolo della cultura alimentare marinara della fascia adriatica da Trieste a Termoli (a sud del confine tra Molise e Puglia gli umidi di pesce prendono il nome di zuppe e guazzetti) e dall’altro, proprio per il suo carattere specifico ed evocativo legato alle variazioni territoriali, racconta la storia di ogni singola comunità.

Anche a livello più locale, ogni tratto di litorale romagnolo rivendica il “suo” Brodetto ma … oggi non è più un piatto popolare, non lo si trova più sulle tavole quotidiane e la motivazione va ricercata nella quasi totale impossibilità di reperire quel pesce che, “povero” ma fresco, il mercato rifiuta perchè economicamente “sconveniente”.

Il “canovaccio” era comune ma ogni paese ma ogni famiglia lo interpretava a suo modo: innanzitutto va detto che erano l’area e le tecniche di “caccia” che imponevano le diverse varietà di pesce (sui fondali marini le specie ittiche sono distribuite in modo diverso in funzione delle loro caratteristiche ecologiche: le coste sabbiose hanno organismi ben diversi da quelli dei fondali fangosi o rocciosi).

A ciò si devono aggiungere le differenze nella disponibilità di alcuni prodotti quali olio, aglio, cipolla, pomodoro, peperoncino, pepe, aceto e vino.

La prima zuppa di pesce o Brodetto di cui si narra è quella preparata da Venere in persona per ammansire l’ingenuo Vulcano dubbioso della fedeltà della dea; poi se ne ha traccia nella “zuppa bruna marinara” dei Focesi (popolazione greca) o “Brodetto nero” di Licurgo, risalente all’VIII-VII secolo a.C. fatto con cipolla, olio d’oliva e pesci vari.

Proseguendo, a parte un paio di citazione a carico di Giovenale e Federico II, lo troviamo assente da tutti i trattati gastronomici da Apicio in poi: i libri di cucina erano scritti per i cuochi dei “signori” mentre il Brodetto era per la povera gente.

Si mettevano in acqua di mare gli odori, olio, erbe aromatiche (il pomodoro sarebbe entrato in uso nella seconda metà del XIX secolo) e, raggiunto il bollore, entrava in gioco il rito (certamente accorto e consapevole) di aggiungere nel tegame i vari pesci, una varietà alla volta, a seconda della progressione di cottura, in modo che arrivassero, tutte insieme, alla giusta morbidezza e consistenza: perché il risultato fosse eccellente, il pesce non andava mai girato ma solo “mosso” con movimenti orizzontali e rotatori del tegame per mescolare e condire tutto.

Oggi, mille sono le varianti codificate: c’è chi impone certe qualità di pesce, chi lo bagna con aceto (retaggio dell’usanza di bordo di aggiungere, per “coprire” e “sterilizzare” il sapore di pesce un po’ guasto, del vino che sulle barche immancabilmente acetificava), chi con vino, chi vuole cipolla, chi solo aglio (chi entrambi), chi aggiunge pomodori freschi in pezzi, chi in conserva. Pare che nessuno neghi pepe o peperoncino.

il Brodetto di Stefano Bartolini

 

Nelle Osterie del Gran Fritto Stefano lo prepara rimanendo … quasi fedele alla ricetta del babbo Marcello: da cesenaticense verace, non usa né vino né aceto, niente speziature aggressive, solo cipolla, conserva prima e passata di pomodoro poi, olio buono, sale e peperoncino; poi il brodo ristretto ottenuto dalle teste di quei pesci che andranno a comporre il Brodetto e … la cottura nella terracotta (la ròla).

La motivazione del … quasi fedele?

In passato non c’era la possibilità di fare quel fumetto che oggi arricchisce di  aromi, di corpo e di sapidità il “coccio” e … il peperoncino nemmeno lo si conosceva! Oggi, presente al posto del pepe, inspessisce il piatto, lo “definisce”, lo rende leggermente piccante ma non aggressivo … il Brodetto di Stefano è … gentile.

E i pesci? Anguille di mare, Granchi (granzèli), Pesci Ragno, Pesci Prete, Mazzole, Triglie, Code di Rospo, Cagnoli (pesce della famiglia degli squalidi, simili al Palombo, dalle carni prive di lische e molto delicate), Scampetti e Scorfanini.

Ma sempre secondo la stagione e la reperibilità del pescato fresco.

Concludo con un aneddoto che merita di non essere … perduto.

In passato, quando sulle barche, dopo ore di pesca, veniva servito il Brodetto, si era soliti sedersi attorno al tegame in cui era stato preparato.

Posto in un piatto a parte c’era il sugo, molto saporito, nel quale si inzuppava (smulgàeva) il pane (a bordo non veniva quasi mai utilizzata la piadina).

A turno, ogni pescatore si serviva prendendo un pezzo di pesce attraverso dei sottili bastoncini appuntiti simili a spiedi e … c’erano i più avidi e meno rispettosi (di solito i giovani inesperti, i mozzi) che si avventavano sui tranci più grossi; per questo il marinaio addetto alla cucina, subito prima di servire il Brodetto, a volte “nascondeva” fra il pesce dei grossi pezzi di sughero. Gli ingordi, fra lo scherno di tutti, ci si avventavano sopra.

Nei racconti della gente di mare, questo è rimasto come “Lo Scherzo del Pescatore”.

Giorgia Lagosti