Cervia e il suo sale … dolce

Nelle cucine delle “Osterie del Gran Fritto” di Cesenatico e di Milano Marittima, sulle tavole del “Ristorante la Buca” e…

Nelle cucine delle “Osterie del Gran Fritto” di Cesenatico e di Milano Marittima, sulle tavole del “Ristorante la Buca” e di “Terrazza Bartolini”, da sempre … solo sale dolce di Cervia.

Perché dolce? Perché privo di quel retrogusto amaro tipico di molti altri sali.

Il “segreto” sta nella purezza del cloruro di sodio e nella minima presenza di quei sali amari che normalmente sono contenuti nell’acqua di mare. Poi il sale di Cervia, anticamente detto “oro bianco” per l’altissimo valore economico che ricopriva nel sostentamento della popolazione della zona, oltre ad indiscutibile “spezia” pregiata, evoca anche un lungo percorso storico che porta dalla tradizione alla ricerca e nasce in grembo ad un suggestivo patrimonio paesaggistico.

La Salina - foto di Gianni Angelini

 

E’ per questo motivo che il “nostro” sale, per la gente di Romagna, permane sì nel palato, ma … anche nel cuore.
L’identità territoriale che oggi spinge alla rivalutazione dei prodotti tipici, ha giustamente reso famoso nel mondo il marchio del sale dolce di Cervia, ma le sue origini sono antichissime, probabilmente risalenti ad epoche greche od etrusche.

C’è una suggestiva ipotesi che l’abate gesuita Pietro Antonio Zanoni (1700) racconta nel suo poema latino “De Salinis Cerviensibus”. Secondo una remota credenza l’idea strutturale della salina deriverebbe dalla osservazione diretta di cosa accadeva in alcune impronte lasciate dagli zoccoli dei cavalli sul litorale: il mare riempiva i solchi, il sole faceva evaporare l’acqua e dopo qualche giorno l’impronta restava asciutta, ma “ornata” sul fondo da un fitto ricamo di cristalli di sale.

Leggende a parte … proprio in questi giorni, nella salina di Cervia torna a prendere vita quel ciclo che porterà, nella seconda metà di Agosto, alla raccolta.

L’inizio della campagna salifera comincia con lo svuotamento, alla fine dell’inverno, dei bacini dalle acque piovane che si sono raccolte nei mesi freddi. Poi, nei primi giorni di Aprile, in un momento in cui la salinità è particolarmente elevata e in sincronia con il massimo livello dell’alta marea, l’acqua viene “rubata” al mare e … intraprende il suo viaggio.

Durante tutta l’estate, man mano che l’evaporazione procede, nei bacini salanti si forma una bianca distesa di sale, il cui spessore aumenta col procedere della campagna. In Agosto verrà raccolto in una “abbagliante” e maestosa montagna bianca.

Il Salinaro - foto di Gianni Angelini

 

Ancora … come non raccontare della Salina Camillone, un piccolo bacino superstite delle antiche saline etrusche, dove la raccolta, affidata alla cura dei “vecchi” salinari, avviene secondo il metodo arcaico, e il cui sale è presidio Slow Food.

Qui si raccoglie anche il salfiore, un sale leggero, integrale, che resta in superficie: quotidianamente, e rigorosamente a mano per mezzo di veri e propri retini, questo prodotto ha un legame strettissimo con i salinari che accolgono chiunque sia interessato a capire da dove arriva il sale.

Il Camillone è un vero e proprio museo a cielo aperto dove è possibile assistere a tutti i passaggi di produzione.

Alla fine del ciclo arriverà “l’armèsa de sèl” (la rimessa del sale), l’antico rito della raccolta a mano e del trasporto fino ai seicenteschi “magazzeni” del sale a bordo della “burchiella”, l’antica imbarcazione dei salinari.

Ad attenderlo, proprio come in passato, ci sarà una folta schiera di gente festante che, come tradizionale augurio di fortuna per l’anno a venire, ne riceverà in dono una manciata.

Giorgia Lagosti