Carpaccio di Ricciola, Mandorla e Artemisia: la cronistoria

In piatti come questo inizialmente si percepisce ogni singolo ingrediente, nella sua assoluta unicità, quasi come tanti monologhi che procedono…

In piatti come questo inizialmente si percepisce ogni singolo ingrediente, nella sua assoluta unicità, quasi come tanti monologhi che procedono all’unisono, poi, dopo qualche istante, arriva l’illuminazione della mescolanza delle materie prime, si “sente il coro” e … i piccoli particolari acquisiscono un ruolo di rilievo.

Ma … partiamo dall’inizio.
Ancor prima che arrivi nelle cucine della Buca, la Ricciola deve passare sotto gli occhi critici ed esigenti di Gregorio o di Stefano: selvaggia, freschissima e soprattutto … all’altezza.
Viene poi “smontata”, sfilettata e, in ogni sua singola parte, messa sottovuoto.

Ancora … viene abbattuta a -25 gradi per far sì che le sue carni perdano ogni minima traccia di carica batterica.
A questo punto passa nelle mani di Thomas che … dopo una lenta e controllata risalita alla temperatura ambiente, “nasconde” i tranci del pesce destinati al carpaccio sotto il sale “dolce” di Cervia al quale ha aggiunto zucchero di canna, aneto e finocchietto.

Mi racconta che … «le sue carni sono toste, non si disidratano e questa lavorazione mi permette di donare loro profumo e carattere».

Carpaccio di Ricciola

 

Poi bisogna pensare agli altri ingredienti. Cosa serve alla Ricciola? Cosa non ha di per sè?

Innanzitutto … “croccantezza”. «Mi riferisco a quelle piccole differenze di consistenza che ti colgono un po’ di sorpresa, che arrivano prima all’orecchio che al palato, che quasi … divertono.

Lesso del Riso Venere in acqua fino quasi a stracuocerlo, lo asciugo in forno e, solo al momento del servizio, lo friggo. Questo è il Riso Venere Soffiato.

Accanto alla Ricciola ne metto solo qualche chicco, quel tanto che basta perché, ogni tanto, sotto i denti, si percepisca quel “non so chè” di croccante a spezzare la tenerezza del crudo».

Ora manca una nota fresca, vegetale, erbacea: l’Artemisia fa al caso suo, ma non la pianta, bensì il suo profumo. Ecco allora che, dopo averla immersa nell’olio, Thomas la deruba dei suoi succhi sottovuoto, a 60 gradi per circa tre ore.

La Mandorla completa con le sue note leggermente amare.

E le carni del pesce, del protagonista del piatto? «Quelle hanno bisogno di davvero poco: una mano sicura e un coltello ben affilato».
Siamo giunti alla fine: un grande equilibrio fra sentori appena accennati, quelli nascosti nel sale, sapori delicati ma profondi, quelli del pesce, profumi estratti dall’artemisia, quelli dell’olio, e …questo è il Carpaccio di Ricciola.

Giorgia Lagosti