Al Ristorante La Buca, la “Marca di San Michele”. Il Verdicchio

Il Verdicchio. A dispetto del “nomignolo” e di tutta la quantità che, se richiesta, riesce a produrre, è un vitigno in grado di dare vini austeri, longevi, ricchi e complessi come pochi altri. Nonostante la nomea di vino popolare e di bassa qualità, senza “la strada spianata” dei grandi vitigni internazionali, ha saputo capovolgere i pregiudizi e affermarsi in un panorama tutt’altro che aperto ed accogliente.

Il Verdicchio della Marca di San Michele

Alessandro Bonci, Beatrice Bonci e Daniela Quaresima sono tre ragazzi nipoti di nonni che facevano vino e figli di babbi che non avevano avuto altra strada che quella di fare vino. Loro invece la possibilità di una vita diversa l’hanno avuta, hanno studiato, sono andati in città. E quella città l’hanno anche vissuta ma … poi hanno deciso di tornare alla Marca e hanno ricominciato a fare vino, proprio da dove avevano lasciato i loro babbi e prima di loro i loro nonni.

Nelle Marche, il termine “Marca” (di netta derivazione germanica), fino al 1815 denominava un insieme di territori di confine (la Marca Superiore o Camerinese, la Marca Anconetana, La Marca Firmana …). Dopo questa data si unirono amministrativamente a formare l’unica regione al plurale d’Italia, le Marche, ma la loro individualità fortunatamente non si è mai persa, almeno per quanto riguarda i vini e i vitigni.

Alla Marca di San Michele infatti si lavora con i due vitigni che lì sono nati e lì affondano le antiche radici: il Verdicchio e il Montepulciano. E insieme a loro si cerca di rispettare la terra, di seguire i suoi cicli naturali e di curare i suoi malanni senza propinarle intrugli chimici o pesticidi.

“Facciamo tanto a mano, anche se la zappa non è sempre poetica. Non maltrattiamo i nostri amici insetti quando ci aiutano e in cantina abbiamo appena cominciato a vestire i panni di Panoramix giocando con i lieviti naturali e riducendo il contenuto di solforosa. Ma lo facciamo senza voler sfidare ciecamente la sorte. Il nostro obiettivo è quello di produrre un vino che in queste terre si riconosca, che sia digeribile e facilmente abbinabile. Ci piace fare il vino, ma più di tutto ci piace berlo e berlo in compagnia di amici, ancor meglio se viziati da musica, fumetti e fotografia o solamente da grasse risate”.

Da questi giorni, nella carta dei vini del Ristorante La Buca di Cesenatico, sono presenti due etichette di questa cantina: il Capovolto e il Pigro della Marca. Il primo (Verdicchio dei Castelli di Jesi, DOC, Classico Superiore), è il classico verdicchio vinificato in acciaio dove resta a riposare per diversi mesi fino al raggiungimento della giusta maturazione, mentre il secondo (sempre Verdicchio dei Castelli di Jesi, DOC, Classico Superiore) è frutto del desiderio di riprendere l’uso delle grandi botti di rovere come facevano i loro babbi e ancora prima i loro nonni. Ne derivano vini di maggiore finezza e di grande longevità.

Solo un’ultima nota: sembra che i monaci camaldolesi furono i primi ad iniziare qui la viticultura già nel 1186 in un eremo vicino all’attuale chiesa del borgo e “terre vignate” sono accertate già nel 1471 nel catasto del Massaccio (l’antico nome di Cupra Montana). Insomma … la storia di questi vini arriva da molto lontano!

 

La Marca di San Lorenzo
La Marca di San Lorenzo
La Marca di San Lorenzo
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